La crisi economica italiana di questi ultimi anni, oltre a veder decrescere in maniera esponenziale l’avvio di nuove attività imprenditoriali italiane (con aumento direttamente proporzionale delle cessazioni delle stesse), ha vissuto un pericoloso proliferare di numerose aziende straniere, circa 550mila su tutto il territorio, pari al 6,7% della sua ricchezza complessiva. Brescia, con una vasta presenza di immigrati sul proprio suolo, si colloca tra le città con maggior presenza di aziende straniere: una su dieci infatti è avviata da immigrati.
In un momento così delicato e difficile le aziende italiane dovrebbero essere, a nostro parere, incentivate e sostenute da un governo centrale forte, capace di varare politiche economiche in grado di ridare smalto e splendore a questo paese. Ma, ancora una volta, è sotto gli occhi di tutti come per il nostro Stato questo non sia prioritario, bensì risulta più importante agevolare l’apertura di nuove aziende straniere in maniera sempre più consistente e invadente per la nostra società, cultura ed economia.
Ci chiediamo infatti come sia possibile che le aziende italiane continuino a chiudere per l’elevato impatto delle tassazioni sulle stesse attività, le normative antiriciclaggio vietino di fatto il ricircolo del contante, le sanzioni sanitarie portino alla chiusura di esercizi commerciali quali bar e ristoranti, mentre le aziende straniere non conoscano crisi, divieti, vincoli.
Forse il perbenismo e il buonismo che si celano dietro al politically-correct dell’immigrazione incontrollata di massa si stanno facendo strada anche nel tessuto economico del nostro paese? Beh, molto probabilmente sì, considerando i ben noti interessi che si nascondono dietro questo misterioso triangolo “governi-comunità europea-immigrazione”.
E allora ecco che il nostro meraviglioso centro città bresciano nel corso di questi ultimi anni sta vivendo un progressivo smantellamento di negozi e svariate attività imprenditoriali, tra cui alcune storiche e parte della cultura cittadina, lasciando così spazio ad una vera e propria sostituzione etnica-commerciale. Sempre più sono infatti le attività cinesi e islamiche che operano nelle vie più belle della nostra città.
Come potrà il nostro Paese essere innovativo e orientato al futuro se una fetta sempre maggiore della propria ricchezza apparterra’ ad immigrati? Quante altre aziende dovremo ancora vedere morire portando con sé parte della nostra cultura?
Ai posteri (scusate:ai renziani, gentiloniani, boldriniani) l’ardua sentenza.
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