In Italia, su una popolazione di circa 1,3 milioni di musulmani (1,9 % della popolazione totale), ci sono circa 729 moschee e musalla (capannoni, magazzini, negozi, appartamenti adibiti al commercio e alla preghiera). In Lombardia sono 125. Tuttavia, i centri islamici nella nostra regione, stando a una recente mappatura richiesta per ragioni di sicurezza, sarebbero 707, di cui 111 su suolo bresciano e proprio a Brescia vi sarebbero circa 25 musalla.
I numeri fanno capire il peso dell’ islam in Italia e il modo capillare di infiltrazione sviluppato tramite le moschee. Brescia, dopo il censimento del dicembre 2016, risulta la città lombarda con più centri di preghiera.
Alla fine del 2016 una delegazione del Qatar giunse a Brescia per inaugurare il parcheggio della moschea di via Corsica. Durante la visita emerse il progetto di costruire 33 moschee in Italia finanziate dal Qatar (25 milioni di euro) e Brescia fu presa come modello per attivare una collaborazione tra la comunità islamica locale e quella internazionale. Bisogna sapere che il Qatar commercia per 400 milioni di euro con la Lombardia, ma è anche accusato di finanziare il terrorismo (oltre che le nostre moschee) e recentemente si sta discutendo con i qatarioti per la creazione di una grande moschea da 10.000 mq (nel centro fiera, in una vecchia cascina, l’investimento sarebbe ad opera della Qatar Foundation), al fine di esaudire le necessità dei più di 10.000 praticanti islamici residenti in città. [1]
Ma qual è il rapporto tra il nostro paese e la religione islamica praticata nelle moschee?
In Italia la religione islamica non è ufficialmente riconosciuta: la Costituzione Italiana richiede che gruppi di fede non cattolica firmino un accordo o intesa per essere formalmente riconosciuti. Per facilitare la strada, il Governo Italiano ha avviato il progetto del “Patto nazionale per un islam italiano”, definito dal ministro dell’ interno Marco Minniti come una garanzia “contro qualsiasi forma di violenza e terrorismo”; in sostanza, vengono concesse più moschee, ma si richiedono più controlli e l’utilizzo della lingua italiana durante i sermoni degli imam. Tuttavia, secondo l’analista Mubaraz Ahmed (del centro sulla religione e geopolitica specializzata nei gruppi jihaidisti), la radicalizzazione avverrebbe sempre meno nelle moschee e sempre più altrove e le strategie di controllo sulle moschee adottate dai paesi europei sarebbero poco efficaci; del resto perché radicalizzarsi in luoghi così controllati quando l’Europa è piena di clandestini che circolano indisturbati?! Chiaramente i centri islamici possono sempre divenire uno strumento del terrorismo, ma forse non nella maniera massiccia che crediamo: in effetti, esaudiscono anche altri incarichi… le moschee rappresentano, infatti, per stati come l’Arabia Saudita, un apparato per controllare il mondo islamico sunnita in Occidente e, come abbiamo visto nel caso di Brescia, vi sono anche importanti investimenti da parte del Qatar, ad oggi lo stato maggiormente accusato dall’ONU e dall’Occidente di finanziare e armare il califfato. Tuttavia, essendo un valido alleato economico e militare degli Stati Uniti, non viene attaccato.
Attualmente ci sono circa 6000 moschee in Europa, molte sono alloggiate in piccole strutture come negozi, cantine, uffici, garage e locali affittati; a seguito dell’incessante crescita della popolazione musulmana in Europa (più di 1 milione all’anno), i musulmani diventano sempre più attenti nelle loro richieste tese oramai a costruire moschee sempre di più alto profilo, destinate a sfidare lo status quo europeo. Secondo alcuni critici la costruzione delle moschee farebbe parte di una strategia per islamizzare l’Europa; a sostegno di ciò, ci sarebbe una dichiarazione del primo ministro turco Recep Tayyp Erdogan: “Le moschee sono le nostre caserme, le cupole dei nostri caschi, i minareti delle nostre baionette e dei fedeli nostri soldati”. Erdogan ha anche detto, rivolgendosi agli immigrati turchi in Germania, che “l’ assimilazione è un crimine contro l’ umanità”. Secondo lo scrittore Erick Stakelbeck, il presidente Erdogan (la cui famiglia ha fatto i soldi con il commercio di petrolio gestito dall’ISIS in Siria) avrebbe finanziato moschee in Europa e Stati Uniti per creare delle piccole sacche islamiche al fine di diffondere il credo. [2]
Chiaramente quando parliamo di islamizzazione, parliamo dell’Islam sunnita, quello che vuole islamizzare il mondo grazie anche alle sue costole wahabite e salafite, che (a parte i sunniti sufi – branchia dedita alle dottrine esoteriche) ha invaso l’Europa nei secoli passati come hanno fatto i turchi o gli arabi in Spagna. Non si può dire lo stesso invece degli sciiti, una corrente dell’Islam che si oppone a quelle descritte e non ha mai causato problemi all’Occidente.
I dinieghi alla costruzione di grosse moschee in certi stati europei avvenuti in passato e il tentativo di controllo delle stesse da parte dei governi occidentali, denota le paure che si celano verso questi luoghi che non sono sempre semplici realtà volte al culto, ma nasconderebbero anche altre intenzioni. [3] (altro…)
L’ex presidente romeno Traian Basescu, in merito alla volontà dei musulmani di Bucarest di erigere un grosso centro di culto, ha avuto modo di affermare che la costruzione delle moschee fa parte del piano dei paesi islamici e ciò avviene in tutta Europa in modo sempre più rapido.
Il principale organo che finanzia e gestisce tale strategia è l’organizzazione dei Fratelli Musulmani (organo che appoggia il terrorismo islamico), che ha sempre operato al fine della diffusione dell’islam sunnita nel mondo; tale organo finanzia la costruzione di moschee in Europa e influenza una parte degli immigrati musulmani. I finanziamenti avvengono grazie a istituti bancari come la Al-Taqwa Management Bank in Svizzera che ha creato una vasta rete di ONG, moschee e centri islamici legati alla fratellanza e secondo alcuni sarebbe coinvolta nel finanziamento del terrorismo [4]. Ma i finanziamenti alle moschee arrivano in particolare da stati come Arabia Saudita, Qatar, Turchia e stati del Nord Africa. Secondo Yousaf Butt, direttore del Cultural Intelligence Institute del Michigan (Usa), negli ultimi trent’anni i sauditi avrebbero speso più di 100 miliardi di dollari per diffondere il wahabismo, attraverso moschee e centri culturali, in una lunga serie di Paesi. Per avere un termine di confronto: secondo le stesse stime, l’Urss, nel periodo 1921-1991, avrebbe speso per diffondere il comunismo “solo” 7 miliardi di dollari [5].
Notiamo come la moschea quindi non è solamente un luogo di culto per la preghiera, ma è anche un luogo di raduno per la comunità al fine di discutere su questioni sociali e politiche, ovvero sono i simboli fisici della comunità musulmana, di autoaffermazione del gruppo e dell’identità islamica. Per capirne le attuali strategie possiamo citare le dichiarazioni del docente saudita Ali Kettani autore dell’opuscolo di presentazione del programma della Fondazione islamica per la scienza, la tecnologia e lo sviluppo, intitolato Oggi l’ Islam “Il successo di una minoranza musulmana in un paese non-musulmano si misura, in un tempo più o meno lontano, nel riuscire a diventare un giorno o l’altro una maggioranza. Questo fenomeno non si deve svolgere con la forza, ma attraverso un processo di assimilazione tra la minoranza islamica e la maggioranza non-islamica, che deve accettare più o meno lentamente, la moralità e la religione islamica e a medio termine identificarsi con l’Islam”. Parole profetiche che sintetizzano quanto sta accadendo a Brescia. Una strategia definita pacifica, ma che rappresenta comunque un’invasione e un’imposizione culturale esattamente come vorrebbero i miliziani dell’ISIS, pertanto il carattere pacifico di certi luoghi che spesso condannano il terrorismo è comunque veicolato per ottenere tramite vie differenti i medesimi risultati.
Ma proviamo ad analizzare la storia recente e a capire in termini concreti come è iniziata la colonizzazione dell’Europa da parte dell’islam. Dopo che gli Egiziani sostenuti dai Siriani persero la guerra dello Yom Kippur nel 1973, l’OPEC e i paesi arabi quadruplicarono i prezzi del petrolio. I nove Paesi della Comunità Europea di allora si videro costretti a favorire in parte i paesi arabi per evitare una crisi economica e nel 1975 consentirono la creazione della DEA (dialogo euro arabo). Ovvero, una strategia per la conservazione dell’identità musulmana nell’ambito delle comunità di immigrati e in parallelo una strategia per l’infiltrazione nella società ospitante. Questo documento ha gettato le basi della situazione che viviamo ancora oggi, ovvero:
– parità di trattamento tra immigrati e cittadini europei (accesso ai diritti sociali e politici)
– possibilità per le comunità musulmane di vivere ancora secondo i loro usi e costumi sotto l’ombrello delle nazioni di provenienza
– attivazione di una propaganda filo-islamica in Europa
Questi accordi ed altri sono tutti trattati nel documento Strategia Islamica di Azione Culturale al di fuori del mondo islamico: un documento ufficiale adottato dal Nono Summit islamico tenutosi a Doha (Qatar) nel 2000 dove si ritrovano i vertici dell’OIC (Organizzazione della Cooperazione Islamica), la seconda più grande organizzazione del mondo che comprende tutti i paesi musulmani. L’organo definisce come infiltrarsi nei paesi occidentali, inserire la sharia ed assumere le posizioni chiave, politiche ed economiche del paese ospitante. La strategia – dice il documento – si basa su centri culturali, moschee, scuole islamiche (per la maggiore finanziate dai contribuenti). [6]
Considerando che la città più musulmana d’ Italia è Brescia, con il 5,8% di musulmani in rapporto alla sua popolazione [7], provenienti per lo più dal Nord Africa e in costante aumento a un ritmo del 5% annuo (dato riferito al 2015); capiamo come la nostra città rientri pienamente nei programmi sopra descritti dove la moschea oltre ad avere la possibilità di radicalizzare islamici, ha soprattutto il compito di svolgere la funzione di “testa di ponte” per il mondo islamico in Europa che nella sua componente sunnita, ma soprattutto nelle sue branche salafita e whaabita perseguono il fine di islamizzare il mondo. Proprio queste correnti, da anni, sostengono il terrorismo dai combattimenti in Siria, Libia… alle stragi in Europa… L’islam sciita invece è completamente estraneo a queste strategie, non impreca per avere moschee e non vuole islamizzare il mondo, combatte l’ISIS con le truppe di Hezbollah e più volte ha teso la mano all’Italia. Tuttavia, l’ Iran che lo rappresenta, alla luce delle continue critiche e calunnie mediatiche ricevute è sempre più lontano da noi, nonostante l’ importanza economica-commerciale per l’ Italia e l’industria bresciana.
Elenco di alcuni dei centri culturali islamici nonché luoghi di preghiera in città e provincia:
Brescia:
Centro culturale islamico (moschea) di Via Corsica, la moschea di Vicolo del Moro, l’ associazione culturale islamica (moschea) di Via della Volta, l’ass. culturale c.tro islamico Minhaj Ui Quran di Viale del Piave, centro islamico di Via Bonardi da definire.
Provincia:
Il centro culturale islamico di via Palestro a Calcinato, l’ associazione culturale islamica di via Tarello sempre a Calcinato, l’ associazione culturale islamica di via De Zoboli a Vobarno. Centro culturale islamico Al Ummah di Gardone Val Trompia ex fabbrica d’Armi Bernardelli. Centro culturale islamico di Via Martiri della Libertà di Gavardo. Centro islamico di Vicolo Venezia a Manerbio.
Centro islamico di Via Verigello a Castegnato chiuso recentemente perché abusivo https://www.giornaledibrescia.it/sebino-e-franciacorta/moschea-abusiva-sigilli-al-centro-islamico-1.3142640
Elenco centri islamici : http://www.arab.it/almarkaz.html
Fonti :
[1] http://www.bresciatoday.it/politica/brescia-fiera-moschea.html
[2] http://sfppr.org/2016/09/the-mosque-in-bucharest-interfaith-harmony-or-political-strategy/
[3] https://www.gatestoneinstitute.org/1476/europe-mosque-wars
[6] http://lesobservateurs.ch/2017/01/03/strategie-culturelle-islamique-alain-wagner/
[7] http://www.osservatorioantisemitismo.it/wp-content/uploads/2015/07/dossierislamita.pdf
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